28 marzo 2007

Ero felice e lo sapevo...

Caro Lettore!
Troppo facile dirai...(ma forse anche no...non posso leggerti nel pensiero ma ci provo) guardare al passato e rendersi conto di quanto stavi bene ed eri felice ma a me le cose facili fanno al quanto ribrezzo e perciò (per mania di antagonismo unita a varie patologie psicologiche difficoltose da spiegare analizzare e capire...)io rivolgo lo sguardo al nemico passato che lascia in bocca l'amaro della consapevolezza e mi rendo conto esattamente di cosa ho fatto e come ho agito per portare a questa devastazione nell'animo e orgoglio...ma io non penso, agisco, non rifletto, impulso e poi una volta che l'inesorabile mano del tempo sbriciola ogni sensazione penso e vedo ciò che avrei potuto o veramente voluto fare.
Mi domano (lo so, sono piena di domande in questo periodo...ma il sapere che qualcuno che conosco ormai ha trovato tutte le risposte ai suoi quesiti e preso decisioni importanti mi domando se io lo farò mai)...comunque...mi domando se fuggo e da cosa dato che quando la felicità o soddisfazione mi sfiorano innalzo dinanzi a me una muraglia e mi isolo per cosa poi?per chi mai? e guardo negli occhi l'impossibilità di tornare indietro, mi accorgo che se mi fosse dato un secondo di quel momento sfuggente non cambierei...che cosa mi rende cosi? perché?
Ero felice e lo sapevo e sapevo che il cambiamento avrebbe strappato le carni della felicità e lacerato il suo animo, lasciando a marcire alle soglie dell'insoddisfazione la sua carcassa priva del più piccolo soffio di vita!
Sono infelice? Forse si..perché ispiro gli ultimi attimi di spensieratezza e ogni respiro ne decreta la fine e l'età adulta entra nelle vene come un veleno feroce che lentamente inquina il sangue e sento sotto le dita del tempo la pelle che cambia diventa aspra e invecchia ...guardo nello specchio e mi chiedo se fuggire dall'impossibile fuga sia la soluzione, se il nascondersi dal vigile occhio del tempo che tutto vede e nulla dimentica sia la risposta...
Domande e domande senza una risposta perché nel mio cuore so che non voglio rispondere ma solo scoprire con gli occhi fanciulli la luce del sole mattutino che penetra la caverna del mio essere e che si fa spazio fra le tenebre respingendo il dolore e aprendosi il cammino fra le ombre fino a giungere agli occhi che affaticati dal buio vedono l'innocenza e la semplicità...
Sono complicata ma se fossi diversa mi guarderei allo stesso modo??..no...perchè l'unico occhio che temo e non sostengo la pesante vista è il mio stesso occhio quello interiore che sa e conosce tutto e mi rimprovera di far vedere al mondo solo gli angoli scuri perché con quelli è facile farsi il vuoto intorno...facile...l'unico "facile" per me è fuggire..da me stessa!
Siamo nemici di noi stessi in ogni battaglia persa e sconfitta guerra che portiamo nella nostra esistenza.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Chi guarda il Sole... non vede mai ombre. Francesco Verde

sunshine after the rain ha detto...

già ma la luce può abbagliare...;-)

Anonimo ha detto...

Cerchi ombra? Luce?
La luce è cercata, l'ombra cerca.
Alla luce si può fuggire, all'ombra non si può.
E' l'ombra una negazione della luce o è la luce, in realtà, la negazione dell'ombra?
Che sia la natura ombra, e la luce innaturale? Amica l'una, nemica l'altra? Materia, antimateria? Fisica, metafisica? Dio, demonio? Essere, non essere? Vita, morte? Attrazione, repulsione?


Colore
liquido che si libra
dalle viscere ferite
del nulla che si avvera
se un raggio lo fa spillare
Pupilla
dove tramuta in linfa
e si insinua nell’inerte
coscienza che fibrilla
gravida di fuochi fatui
Pensiero
da segno senza corpo
si fa fuoco gelo carne
assassino del vuoto
ucciso da un altro sé
Assillo
despota cannibale
beve sottopelle sangue
sbrana volere potere
nell’idea che imputridisce
Tenebra
al principio alla fine
comprensibile logica
non si spiega che a un verme
lasci stuprarsi l’anima

G. Cuvieri

da un'idea di Mihail Psellos
interpretata per questo post, dove forse non cadrà nel nulla...

sunshine after the rain ha detto...

confesso che ultimamente la mia repulsione si volge verso il mondo e tutto e tutti che ci vivono...

sunshine after the rain ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

Repulsione? Certo: perché come nella fisica così nelle mozioni dell’animo a una forza impressa corrisponde una forza uguale e contraria. La realtà della natura non è tanto chi e cosa respinge, chi e cosa è allontanato, ma il movimento e la forza impressa dall’incontro degli esseri. E’ vero: è proprio il mondo ad essere repellente. Ma esso è necessario, forse imprescindibile, oppure ineluttabile, perché chi repelle fa, in quel momento, parte di ciò che è ripulso. La fuga da ciò che sconcerta, delude e addolora è spontanea e prescritta in un ordine naturale delle cose, fors’anche prevedibile e giusta, mai fine a sé stessa, ma proprio perciò consistente di un moto relativo, destinato a concludersi non appena raggiunto un tanto ignoto quanto fatale limite estremo. Un moto relativo, in fondo, è apparente: la fuga è giustificata più dal suo desiderio che dal fatto di scomparire dall’orizzonte visivo dell’oggetto fuggito ed evitato. E’ vero: è proprio il mondo ad essere repellente. Ma noi ne facciamo parte e costruiamo un pezzo della sua stessa repellenza, come l’automobilista che accusa gli altri di creare l’ingorgo. La fuga dal mondo è come il pensiero di quell’automobilista in quell’ingorgo, che vagheggia spericolati sorpassi, accelerazioni liberatorie, sberleffi oltraggiosi alle altre auto incolonnate, rettifili sgombri e l’ansia dell’immobilità lasciata alle spalle. Tuttavia il suo anelito di fuga si risolve quando si muovono anche gli altri; che pensano la stessa cosa di lui, e di quell’altro vicino. Un intersecarsi di repulsioni che crea una massa compatta di oggetti, persone, menti, voglie. Giusto respingere, come il polo positivo fa con il suo omologo, appunto perché entrambi sprigionano una forza eguale e contraria di segno opposto. La tua repulsione del mondo è la repulsione del mondo verso di te. Ma se questo lo sai, forse non sei interamente consapevole dell’entità, del momento, della consistenza di quel segno opposto, proprio in ragione del fatto che non sei totalmente avvertita di tutta la somma di reazioni che un impulso può provocare. Con la repulsione, in definitiva, fai una scommessa, in un gioco al rilancio dove l’emozione messa sul piatto si può scoprire inadeguata, o eccessiva, a fronte delle altre che inevitabilmente si succedono. Una partita “alla cieca” dove le atout si possono rivelare perdenti, i torti subiti diventano ingiustizie commesse, i risentimenti possono dimostrarsi apprensioni quando il gioco nel suo insieme si svela. E le fughe personali dalla verità del gioco finiscono, le tensioni opposte si dileguano, l’equilibrio delle rivalità si ricompone in un altra partita del gioco che - se è bello, secondo la decantata saggezza popolare - dovrà durare poco. Dunque se è brutto dovrà durare tanto?

Chi sei tu?