28 febbraio 2007

Ultima immagine...

Caro lettore...non ti sembra strano come immagini a volte rimangano impresse nella memoria e come un vecchio nastro si possono rivedere fra i pensieri, perdono i loro colori vivaci e a volte le facce si confondono o rimangono sfuocate ma il ricordo dei gesti o una situazione rimane...reminiscenza...a volte forti come lo erano per Céline( non la cantante...ma lo scrittore francese del '900, Louis-Ferdinand)o a volte dolci e soavi come il gusto di un tè o il profumo di biscotti che svegliano ricordi infantili o adulti che siano.O semplice apprendere come ricordare come lo era per Platone.
Ma arriviamo al dunque...l'ultima immagine di qualcuno molto lontano nella memoria, cosi lontano che mi sembrava impossibile aver conservato il pallido volto fra le ombre della mente, e invece.
Un rumore...un leggero tintinnio quasi musicale proveniente dalla strada e l'assopito ricordo distende le braccia fra la nebbia della memoria e lentamente una luce fiocca ma chiara abbastanza riporta agli occhi dei pensieri una sfuocata immagine e i gesti si stendono come un velo leggiadro davanti agli occhi...
Un'immagine:fuori neve fresca e un aria pungente, il vento gelido che rumoreggia contro le finestre e sulla soglia un viso fra il confuso, il triste e il libero, infreddolito ma più dentro il cuore. Un viso roseo e irritato dall'aria pungente fra i capelli cristalli bianchi come latte e fra le mani un oggetto.
La nebbia fitta del tempo trascorso offusca nella memoria le sembianze esatte dell'oggetto ma non la freddezza disturbata da una lontana nostalgia del suo sguardo.
La perfetta simbiosi delle condizioni del tempo e la situazione, che siano forse un abbellimento della mente??Può darsi..
Le parole sfuggono e le frasi dure ma tremolanti da un dolore quasi provato realmente o forse solo lontanamente assaggiato non giungono all'orecchio del pensiero perché troppo lontane dal presente ma la scena nel suo silenzio quasi statuario non lascia alcun dubbio del momento e dell'amarezza provata che sale alla bocca nello svolgersi piano del ricordo é tanto intensa quanto quella provata nel giorno gelido e carico di tristezza. Ma le esatte parole dette mi sfuggono come farfalle al vento primaverile sfuggono dalla tempesta...momenti inevitabile e l'amarezza diventa dolce con cogliere il passato ormai remoto e vivo solo in un angolo scuro del cuore.
Già in una scena muta e priva di suoni nella memoria il suono odierno ricorda il momento interminabile di ansia frenetica e dolorosa scoperta...ma in quel ricordo l'unico suono presente a rompere l'atmosfera frigida e scostante di due sconosciuti amati e mai incontrati nello stesso percorso con un destino immutabilmente opposto e diviso, lontano..il suono è un tentennio che proveniente dalla lontana strada oltre la porta dietro il viale fra gli alberi attraverso la strada e al di là del fiume...quasi sordo ma confortante al momento in cui qualsiasi realtà esterna può placcare anche se per un fugace secondo il rammarico delle parole che scendono nello stomaco come fiele corrosivo che brucia e distrugge un sogno mai sognato una realtà mai vissuta un momento sempre aspettato ma mai cosi reale come in quel preciso istante...
La reminiscenza è forse una delle fughe più intense dalla realtà per tuffarsi nel mare profondo delle rievocazioni della mente...già la mente...strumento del male e infinito bene degli uomini.
Non sono triste, mi piace rivivere momenti intensi come questo e lasciarmi cullare dall'immensità della memoria.
Buona Giornata e ti auguro un ricordo bello o brutto ma denso.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ricordi.
Larve nutrite di tempo già consumato, crisalidi avviluppate dal filo di un’esistenza incerta che si srotola spalancando a due ali vellutate, intessute di desiderio, la bava tiepida del vento di un tempo da consumare ancora.
Larve; corpi evenescenti, sprazzi di torpore turgido, rilucenti di sostanza palpabile e diafana, oppure apparenze gravide di mistero opalescente, nella tenebra palpabile dell’incoscienza?
Larve: sono spiriti ostili di morti che furono, da vivi, perversi? In preda ai tormenti bruciano dalla sete di infliggere pene uguali ai morti e ai vivi, spettri ghignanti che eccitano sottopelle l’incontenibile pazzia?
Si allontaneranno espiando colpe commesse da noi, ma anche da loro, affamate di scongiuri e di riti intimamente orgiastici.
Memorie.
Sono lemuri. Occhi vitrei cha baluginano nel buio dormiveglia della ragione. Orbite cerchiate di un fuoco ambiguo che racchiudono pupille in cui si rapprende l’infinito, l’orrore raggelante del vuoto e la sua eterna flagrante attrazione. Eppure si possono propiziare. “Vai a piedi scalzi a maggio, a mezzanotte. Lavati tre volte le mani nell’acqua corrente, voltati indietro e poni fave nere in bocca, poi gettale dietro le spalle e pronuncia nove volte senza guardarti intorno "queste io dono e con queste fave riscatto me ed i miei”. Percuoti, insieme ad altri, bacili di bronzo e grida nove volte "manes exite paterni". Quelli raccoglieranno le fave e si placheranno.
Sono solo questo? Figli di una tenebra apparentemente infeconda, ma sempre fertile di forme che trasfigurano in sostanze, nutrice di sensi e di turbamenti, sempre in bilico tra la dolcezza dellla voluttà e l’acre sapore del rimpianto.
Oppure sono esseri, satelliti pingui di muto sentimento, che volteggiano pigramente intorno a un pianeta fatto di pensieri, che ruota intorno all’astro della coscienza simultanea del tutto, che gira intorno a un centro di inesausto mistero?
Se tutto ciò è il ricordo, cosa si può conoscerne, oltre alle sue larve e ai suoi lemuri? Ma se conoscere è in realtà ricordare, ricordare sarà anche conoscere?
Buona notte, e ti auguro un ricordo, solo bello, fratellastro delle larve e dei lemuri, che dà saporallo scorrere della vita nelle gole tortuose dell'impossibilità di comprenderne il senso.

Chi sei tu?